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Pagine Italiane, 22. 5. 2024
Da più di un decennio l’Europa sta vivendo un’immigrazione clandestina totalmente incontrollata. La risposta delle istituzioni europee è stata la ridistribuzione dei migranti tra i Paesi. Sappiamo però che questa è solo una risposta parziale e dannosa per diversi Stati europei. Secondo lei, quale dovrebbe essere la risposta dell’Unione Europea a questo problema? Il Piano Mattei italiano, cioè un piano di investimenti in Africa, può essere la soluzione?
Bisogna fare una distinzione. Non dobbiamo temere la migrazione individuale, ma quella di massa. Non differenziare questi due fenomeni fondamentalmente diversi è un errore concettuale. La migrazione individuale è spontanea e volontaria. La migrazione di massa è organizzata sia dal lato della “domanda” che da quello dell’“offerta“. Non dovremmo concentrarci sulla migrazione illegale. La migrazione di massa, sia legale che illegale, è il problema che deve essere risolto. Destabilizza tutti gli Stati nazionali, la loro coesione, la loro cultura, le loro tradizioni, il loro modo di vivere insieme. La migrazione è un problema dei singoli Stati nazionali, non di un’entità geografica indefinita chiamata Europa. Qualsiasi ridistribuzione, gestita dall’Unione Europea (e dalle sue istituzioni) che non hanno nulla di demoratico, è assolutamente inaccettabile. Promuovere un piano di investimenti per l’Africa è un’idea velleitaria. L’unica soluzione significativa soluzione è fermare il sistema sociale europeo, estremamente generoso.
Le manifestazioni a cui abbiamo assistito negli ultimi anni in alcuni Paesi europei, ad esempio in Francia, dove orde di giovani immigrati di seconda generazione prendono d’assalto le strade delle città francesi, sono la prova di un multiculturalismo fallito che crea solo divisioni etniche all’interno della società europea. La sinistra, non comprendendo questo problema, ritiene che l’unica soluzione sia quella di aumentare il numero di immigrati provenienti da Paesi extraeuropei. Come siamo arrivati al punto in cui i giovani immigrati si ribellano alle istituzioni europee e anche alla nostra cultura? Quali soluzioni dovrebbero apportare i conservatori europei a questo problema?
Il comportamento degli immigrati di seconda generazione in molti Paesi europei dimostra l’irrazionalità di accettare l’idea di una migrazione di massa. Un singolo migrante non si permetterebbe mai di fare ciò che le orde di migranti stanno facendo in questi giorni. La sua domanda - quando menzionando il multiculturalismo “fallito” - suggerisce che può esistere un multiculturalismo non fallito. Non sono d’accordo. Il multiculturalismo è nella sua sostanza un’idea sbagliata e pericolosa, molto dottrina collettivistica e anticonservatrice di sinistra. L’unica soluzione è quella di dire - a voce alta e inequivocabilmente - NO all’immigrazione di massa. Il famigerato slogan di Angela Merkel “wir schaffen das” deve essere invertito. Godiamoci un mondo multiculturale, ma fondamentalmente monoculturale, entità politiche monoculturali, gli Stati nazionali.
Negli ultimi mesi, gli agricoltori sono stati al centro delle proteste contro l’Unione Europea. Già mesi fa, nei Paesi Bassi, il partito degli agricoltori - BoerBurgerBeweging, BBB - ha aumentato notevolmente i suoi consensi tra la popolazione. Le proteste del mondo agricolo non sono unanovità sul territorio europeo. Cosa pensa che rappresentino? Che significato hanno? Sono una dimostrazione del fallimento delle politiche ambientali promosse dall’Unione Europea?
L’agricoltura in Europa è un settore che ricorda a noi, che abbiamo vissuto per lunghi decenni in un sistema comunista irrazionale, la vecchia economia pianificata centralmente, la sua soppressione dei mercati, la sua manipolazione dei prezzi, la sua dipendenza dai sussidi e da una diffusa redistribuzione. Tale sistema è totalmente sbagliato e inefficiente, ma in Europa occidentale è già “incorporato” e dato per scontato. Pertanto, ogni tentativo di cambiare la PAC (Politica Agricola Comune) incontra una forte resistenza. Un altro aspetto è l’incapacità dei governi dell’UE di attuare una politica agricola razionale. Una politica “razionale” sarebbe però inevitabilmente incompatibile con il concetto - oggi dominante - di Green Deal. Il Green Deal richiede, tra le altre cose, la riduzione della produzione agricola. A questo proposito sono pienamente dalla parte degli agricoltori che protestano. Il modo di pensare verde deve essere radicalmente contrastato.
Jacopo Ugolini, Nazione Futura, n. 23, April 2, 2024
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