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La virtù dello scetticismo

Pagine Italiane, 9. 1. 2009

Il presidente della Repubblica Ceca, Vaclav Klaus, viene sovente accusato di essere uno "scettico": scettico nei confronti dell'Unione europea, scettico verso l'interventismo pubblico, scettico sulle certezze del cambiamento climatico. Una cosa che mi ha sempre stupito è proprio questa: che il termine "scettico" sia considerato e utilizzato alla stregua di un insulto. Se cerco sul dizionario, così viene definito: "chiunque ostenta la propria incredulità o fa mostra di non poter accogliere alcuna affermazione o principio come validi in assoluto". Lo scetticismo è il "dubbio sulla validità di una teoria, di un progetto, di un principio" (Dizionario Dir). Se cambio vocabolario, scopro che il contrario dello scettico è il "credulo, certo, convinto, credente, ottimista" (Dizionario dei sinonimi e contrari, Zanichelli). Quindi, lo scettico - che lo sia sull'Europa, sul clima, sull'intervento pubblico o su tutte e tre le cose - non è automaticamente un contrario, ma solo uno che vuole capire a fondo cose, teorie e progetti, prima di aderirvi.

L'intervento di Klaus pubblicato un paio di giorni fa dal Financial Times e disponibile, in lingua italiana, sul sito dell'IBL, va letto proprio in questi termini. Ed è importante leggerlo e comprenderlo, perché si configura come una sorta di manifesto della presidenza ceca dell'Unione europea. Klaus non è avverso all'Ue, anzi, è chiaro che è un grande fan di tutte le buone cose che sono state realizzate grazie alle direttive comunitarie: la liberalizzazione dei mercati, l'integrazione dei paesi che ne fanno parte, le maggiori e migliori condizioni in cui gli europei possono spostarsi, confrontarsi e commerciare. Klaus non crede, però, che l'unificazione del vecchio continente (e tutto ciò che viene nascosto o contrabbandato sotto tale etichetta) sia di per sé buono e utile. Per tanto, opera dei distinguo, screma il bene dal male. Lo stesso vale per le politiche ambientali e per gli interventi che vengono discussi in questi giorni per reagire alla crisi finanziaria mondiale. Nel valutare i vari provvedimenti, egli è forte - come racconta Antonio Martino - della drammatica esperienza di vita che ha dovuto affrontare. Cioè, aver vissuto per tutta la prima parte della sua vita in un paese che è stato compresso sotto la cappa del comunismo. Una cappa terribile, perché ha portato via a intere generazioni la libertà e con essa la possibilità di realizzarsi e costruire la propria ricerca della felicità.

Ho avuto l'occasione e la fortuna di discutere di queste cose con due cari amici. Uno di loro è ceco: mi raccontava quanto fosse terribilmente efficace il comunismo nel distruggere i legami famigliari. La paura di fare o dire qualcosa penetrava nelle case, nelle camere, ovunque. Questa paura, questa costante sensazione di essere spiati, ascoltati e giudicati impediva perfino l'esternazione spontanea e libera dei sentimenti. Letteralmente, rovinava la vita: perché il regime c'era sempre, e quando non c'era avrebbe potuto esserci. Non lo sapevi, e quindi ti comportavi sempre, perfino dentro le mura domestiche, con la massima circospezione.

Un altro amico è lituano, ha grossomodo la mia età, e ha una bambina che ha all'incirca gli stessi anni del mio. Chiacchierando, gli ho raccontato della gioia di mio figlio quando, un giorno, a casa dei miei ha trovato i dinosauri con cui giocavo da piccolo. In quel momento, lui si è rabbuiato e mi ha detto: "sai, mia figlia non potrà mai avere una simile occasione. Io non ho mai avuto dei dinosauri". Ho avuto la sensazione di aver fatto una tremenda gaffe, e sono stato male per lui.

Perché racconto queste cose? Non certo perché io pensi che il comunismo - quel comunismo - stia tornando, né che esso riviva interamente nell'Ue o nelle sue politiche climatiche e anticrisi. Né lo pensa Klaus. Ma se il presidente ceco afferma di trovare delle analogie, allora va preso tremendamente sul serio. Perché se ci sono elementi di quel sistema politico, che poi è rovinosamente crollato, i quali stanno rientrano dalla finestra, allora è possibile che anche le policies attualmente in discussione contengano in sé i germi del crollo. Non di un collasso altrettanto devastante, naturalmente: eppure, ogni frana lascia dei danni, e in alcuni casi dei morti e dei feriti. Essere scettici nei confronti di misure che contengono tali rischi non può essere un insulto. Dovrebbe essere un dovere morale, civile e politico.

Pubblicato da Carlo Stagnaro, 9 gennaio 2009

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